La biblioteMaira sta leggendo

giovedì 15 dicembre 2011

Roma amor...

 Trenitalia ha i suoi bei difetti: riscaldamento torrido alternato a spifferi gelidi, persone e odori poco rassicuranti, bagni che definir cessi è un eufemismo...
Però ha un merito: il treno notturno ha portato a Roma più o meno intere (a parte qualche ossicino disperso sui sedili a causa del sonno travagliato in posizione impietosa) il nostro manipolo di donne libere e spensierate.
Il richiamo è stato lanciato da "Più libri più liberi", la fiera dell'editoria minore e la nostra è stata una risposta entusiasta. 
Subito è stata evidente la divisione in squadre: reparto di orientamento nel sottosuolo e interpretazione geroglifici sotterranei affidato a Teresa, reparto di navigazione in superficie con divinazione della cartina gestito dalla sottoscritta, reparto documentazione attività e cura dei rapporti con i ristoratori guidato egregiamente da CinciaGraziella e investitura di Generale supervisore delle operazioni ricevuta da Daniela. Una squadriglia capace di farsi strada tra le insidie cittadine e di arrivare sull'obiettivo con largo anticipo.
In fiera ci siamo divise per depistare i nemici: il gruppo d'assalto ha subito preso possesso del territorio monitorando il posizionamento dei siti nevralgici (tra cui il deposito vettovaglie), mentre il gruppo "rapporti con la popolazione" intratteneva contatti con gli autoctoni. 
L'operazione bellica mi ha fruttato un ricco bottino: relazioni, cataloghi, libri (e a questa parola i miei occhi iniziano a roteare, le orecchie si attorcigliano, i capelli sprizzano scintille e le mani si protendono come artigli).


Ho avuto modo di conoscere meglio le mie amiche e colleghe e di apprezzare ancor di più alcune qualità che non sempre il tran tran quotidiano mette in luce. Mi è piaciuto in nostro essere donne in viaggio, con i pensieri chiusi in valigia (zaino o trolley: due filosofie) e la quotidianità per un attimo messa da parte. Per un attimo non solo mogli, mamme, figlie, bibliotecarie. Per un respiro solamente e semplicemente donne. Con la voglia di ridere e di parlare di tutto e di niente. Con la capacità di aprire il cuore e di allargare la mente. Con l'arte di ridere di se stesse e degli altri, senza cattiveria, senza malizia e senza sentire la stanchezza.

Roma è una città profonda, ricca di strati e livelli. Una città trattenuta a terra solo da una certa aria sciatta e trascurata che fa da zavorra alla sua bellezza. Trovarsi davanti al Colosseo uccide ogni capacità di ragionamento, prende lo stomaco con una morsa di pura Bellezza. Incontrare sotto il Colosseo una persona che ti ha aspettato, come Valentina, solo per fare la strada con te vale la perdita di 16 ore di sonno in tre giorni. 
All'ombra del Colosseo ho incontrato persone senza tempo a caccia di un luogo che è solo nelle loro menti e nei loro cuori. Un luogo da chiamare Casa, Patria, Italia.

A vent'anni ho visitato Roma per la prima volta arruolandomi tra i volontari del Giubileo: di quella prima visita mi sono rimaste due impressioni che poco hanno a che fare con la città. Per prima cosa il lavoro a fianco di giovanissimi Carabinieri per il servizio d'ordinealle varie celebrazioni (eravamo intorno al Natale). Ricordo la catena umana per tener fuori la folla dalla piazza, la massa che spingeva, le braccia in tensione, la paura di finire la mia esile vita tra le braccia del colonnato del Bernini, calpestata da una mandria di bufali impazienti di vedere il concerto di Capodanno con Baglioni (avrei potuto finire nei Guiness per la morte più insulsa).
La seconda immagine è quella del marciapiede, sempre davanti a San Pietro, visto da molto molto vicino. Una caduta rovinosa dai gradini dell'autobus direttamente sul lastrico, quasi tra le braccia di un barbone che è uscito dal suo torpore per ridere di me. Un volo d'angelo che è antrato nell'aneddotica delle mie amiche per anni. Naturalmente mi sono rialzata con nonchalance, ricacciando nel pozzo il dolore.


E' andata meglio la seconda volta, nel 2003 con la professoressa di storia dell'arte greco - romana che ci ha portati in luoghi poco conosciuti, in una Roma di insulae, villae e domus. Resta forte il ricordo di Ostia Antica, della vita sospesa che potrebbe riprendere da un momento all'altro. E anche la magnificenza di Villa Adriana, con l'erba che ha preso possesso dei lussi dell'imperatore, rivestendo spezzoni di mura e creando una nuova storia.

Lasciare un luogo in cui si è stati bene è sempre uno strappo, ma questa volta avevo un buon motivo per salire sul treno del ritorno: i miei cuccioli e il Tartamarito mi aspettavano a casa. In crisi di astinenza di chiacchiere e abbracci mi hanno preparato un bentornata colorato. Sto per cadere nella mia vena melodrammatica di baci e abbracci, me ne rendo conto, per cui cartellino giallo e fine del paragrafo.

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Ricevuti i regali dalla fiera i miei creativi in erba si sono messi subito all'opera e hanno preparato un dalmata, il sesto membro della famiglia!









domenica 20 novembre 2011

E quindi uscimmo a riveder le stelle. Giornata di una bibliottrice.

GIORNATA ATIPICA DI CHI GIOCA A RECITARE. Leggere solo se non avete paura di morire di noia per i miei folli sproloqui.

Alessio, il nostro Virgilio da laboratorio, ci ha ripetuto più volte che la magia del teatro inizia a casa, quando il volantino di uno spettacolo fa capolino dal cassetto e ci guarda con le sue O occhieggianti, ci pungola con A appuntite, ci richiama con S suadenti. E noi apriamo la mente e rispondiamo al richiamo.
Per me, che come sapete gioco a fare l'attrice, il richiamo del palcoscenico inizia dalla mattina di una recita, quando mi alzo, lavo via dal mio corpo tutte le piccole tensioni di una settimana lavorativa, preparo la borsa con i pezzi del mio personaggio, ripasso a mente battute e intonazioni, magari guardandomi allo specchio per vedere l'effetto che fa. E scoppiando irrimediabilmente a ridere pensando che se quello specchio parlasse verrei rinchiusa certamente in qualche clinica psichiatrica a finire i miei giorni...
Ieri è stata una giornata particolare visto che la recita cadeva in uno dei miei sabati lavorativi. Finire di lavorare alle 18.30, spazzar fuori gli utenti della biblioteca,  chiudere, preparare le cose per lunedì mattina, salutare con uno sguardo i miei libri, spegnere tutto e poi in macchina per correre a Villalagarina in tempo per non agitare la nostra truccatrice. L'incantesimo finalmente si può compiere.
Iniziare a declamare in macchina le battute (NB: se mi ferma una pattuglia ricordarsi di fingere di avere l'auricolare), ricevere una telefonata (un po' surreale con incomprensioni di Villa(Banale) e Villa(Lagarina)) dei miei compagni che non mi lasciano scendere da sola, mi hanno aspettata per fare il viaggio insieme. 

Essere felice di questo gesto di amicizia, perchè le piccole gentilezze non si danno mai per scontate. Grazie Luca.

Chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere e tensione, perchè uno dei nostri attori non c'è e sarà sostituito per la prima volta da Sandro che poverello ha fatto poche prove. Musica, musica, musica e strada mangiata cantando e parlando. Le impressionanti colonne di vapore della cartiera ci dicono che siamo arrivati.
Il teatro. Le scene già montate. Grazie Lorenza che non dimentica mai niente. E gli spogliatoi, sotto il palco. Scivolare nel vestito rosso, cambiare il mio viso con un trucco che non mi appartiene. Grazie Ivana che mi sopporti quando chiudo gli occhi sbavando il rimmel. Ridere, scherzare, prendersi in giro. E intanto provare qualche piccola parte, come una rete di sicurezza per non scivolare. Sandro stai tranquillo, mi raccomando non urlare. Salire sul palco e sentire il brusio delle persone (tante) al di là della tenda rossa. Prendere contatto con lo spazio (questa volta si riesce a muoversi, il palco è grande) e accennare qualche passo del nostro valzer. Bere per non perdere la R francese. Aggrapparsi al bicchiere di carta come se potesse sostenere il mio peso. Sandro sarai bravissimo. E "Alfredo - Beniamino mon amour vieni, proviamo la battuta che abbiamo invertito la volta scorsa". Grazie, merci Alfredo. Sandro rilassati. Abbraccio. Mani che si toccano, occhi che si incontrano con fiducia perchè agli altri affidiamo questa serata. Sentire la voce del presentatore e correre dietro le quinte, in posizione. Merda, merda, merda. Bere senza sbavare il rossetto (ma come fanno a tenere tutti i giorni il rossetto le mie amiche?) sempre per la mia fantastica R moscia. Sandro forza che sei in scena. Si alza il sipario. Battute, battute, battute. Bravo Sandro, sei tutti noi! Bere a piccoli sorsi respirando con la pancia perchè ora tocca a me. Suono del campanello. "L'è già chi. Avanti. Oh Ilaria!". La terra risucchia tutta la tensione. Tocca a me. La trasformazione è completa: abbandono le mie spoglie dietro le quinte e sono completamente Ilaria. "Oh Remo! Bel, tres jolie, magnific!!!..." Recitare. Vivere un'altra vita. Credere per un'ora che Beniamino esista veramente con il suo cavallo bianco. Toccare i miei compagni e sentire che ci sono e che sono con me. Guardare negli occhi loro e il pubblico. Sentire le risate. Sentire l'eco del pubblico che ripete le battute per farle assaporare ai vicini (che magari farebbero volentieri a meno del vicino pappagallo). Occhi che ci guardano. Occhi attenti. Dominare i piccoli movimenti. Ammazzare Toni che sta dietro le quinte con un lancio improvvisato di oggetto contundente per ovviare con l'improvvisazione a un inconveniente scenico. Le battute che si incastrano con quelle degli altri e con musiche e luci (grazie Michele). Cantare  Cin ci là cercando di far finta di essere intonata. Ballare. Uscire di scena e vedere negli occhi di chi è fuori l'approvazione. Grazie Giorgio per l'entusiasmo di sempre. Respirare di sollievo e poi via, di nuovo. Guardare, parlare, cantare, ballare. Una pausa fra i due atti. Siamo a metà. Forza Sandro. Fare pipì, tornare a bere bicchieri d'acqua. Finiscila di mangiare quel rossetto!  Ricominciare a recitare. Manca una battuta, no, il vuoto no!!! Vade retro, vuoto! La dico io stavolta, come tu l'altra volta hai detto la mia. "Sparire". Basta una parola e tu ti attacchi. Lo sapevo! Sostenersi, sempre e in ogni modo. Preparare Giorgio all'uscita con due baci rossi sulle guance. Gran finale, balletto tutti insieme, grande Sandro! Inchino. Applausi. Applausi. Applausi. Inchino. E' finita. E poi stringere le mani al ragazzo puro di cuore che ci ha guardati incantato a bocca aperta in prima fila. Lui che ha incarnato la vera magia del teatro.
E poi ritornare Maira, richiudere nella borsa Ilaria. Grazie Cornelia che raccatti i pezzi che lascio in giro. Caricare le quinte sul carrello, racimolare le nostre cose, chiudere tutto nelle cassette pronte per la prossima settimana. Un pensiero a tre settimane con tre commedie diverse e alle prove da fare. Ma rimandiamo l'organizzazione. Ora godiamoci questo momento di grazia.
Cena tutti insieme preparata dalla compagnia che ci ospita. Sedersi vicini, scambiarsi aneddoti e commenti. Grazie Renzo the president, che arrivi sempre nonostante i tuoi impegni. In tempo almeno per il terzo atto fuori scena! Ridere, conoscere persone nuove e nuove storie.
Freddo. Risalire in macchina. Musica. Commenti. Il cielo d'Irlanda. Seconda stella a destra. Io ho bisogno di te. Cantare finalmente rilassati. La gioia che vibra in ogni particella del mio corpo. Dimenticare che ho la macchina a Villa (Banale). Fermarsi, girarsi e tornare a prenderla. Grazie Teresa per essertene ricordata! No, c'è già il ghiaccio sui vetri. Perdere la chiave di casa. Freddo. Stelle, stelle, stelle che penetrano negli occhi e toccano le corde del cuore facendole suonare. Salire nella macchina fredda. Le notti non finiscono, all'alba nella via. Sweet home Alabama where the skies are so blue. Country road take me home. Vai Girardengo. 

Pensare che oltre alla Bibliomanzia di Alessio esite certamente anche una CANTOmanzia.

Arrivare davanti al nostro teatro. Stelle, stelle, stelle. Freddo, freddo, freddo. Aspettare la jeep con il carrello. Scaricare. Quanti siamo questa sera! Tutti insieme si fa presto a rimettere tutto a posto, come brave formichine. Gambizzare Luca con i cassetti del mobile. Ma perchè sono così maldestra? Aver voglia di stare insieme ancora qualche minuto. Parlare delle richieste di recite. Mettersi d'accordo sulle prove. E poi buona notte. La vecchia chiave gira nella serratura e la porta del nostro teatro si chiude sull'ennesima giornata speciale. Sono le 2.15. Tornare a casa. Sentirsi parte di un gruppo e sentirsi più grande di quanto una persona da sola possa essere.

Stelle, stelle, stelle. Profonde stelle.

Noooo...dove sono le chiavi di casa? Sono sicura: le ho perse nel parcheggio a Villa (Banale). Che fare? Il Tartamarito mi sente. Mi apre la porta. Santo subito! Domani si merita una doppia razione della pizza settimanale.

Lavarsi, decantare i pensieri, leggere due pagine di Tomizza per staccare la mente. Andare a dare la buona notte ai miei cuccioli. Brugola allunga una mano dal letto a castello per farsi accarezzare. Frantoio nel sonno ride, dice mammina e mi abbraccia forte. Mi scappano un sorriso e due lacrime di pura felicità. 

Quanto mi piace essere Maira!

Sparire sotto il piumone, un bacio al Tartamarito che non si lamenta per la chiave. L'unica cosa che mi dice, ma lo prendo come un complimento, è "Con te non si può mai semplicemente annoiarsi, vero?". 

Ringraziare Chi rende possibile questa vita, così magica e forte. Chiudere gli occhi e dissolversi nei sogni.

Stelle, stelle, stelle.